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Il progetto riguarda la riconversione di un capannone industriale dismesso, in esposizione campionaria permanente, per un’azienda che commercializza mobili etnici.

L’intervento propone la ridefinizione complessiva della proprietà (immobile e aree non edificate), volta alla creazione di una nuova immagine pubblica (in contrasto con la scarsa qualità architettonica e la mancanza di riconoscibilità dell’intorno urbano) e all’organizzazione dello spazio espositivo interno (con lo studio dei percorsi e della successione gerarchica degli spazi).

La facciata principale viene fortemente modificata nell’impatto e resa più chiara. L’unico ingresso all’esposizione viene marcato da un elemento architettonico volumetricamente semplice, che, rispetto al primo, ne diviene al contempo protezione ed invito. Le irregolarità delle strutture prefabbricate del capannone, ora a vista, vengono mascherate da una pelle in acciaio corten microforato.
Collabora a migliorare la percezione complessiva, l’intervento previsto sulle facciate cieche dei corpi di fabbrica attigui e sull’area cortilizia: vengono qui introdotte piantumazioni, superfici a verde, anche rampicante, modifica della pavimentazione, illuminazione.

Lo spazio interno si sviluppa a partire da una hall-reception che organizza e distribuisce le zone di esposizione, di contrattazione, di servizio. La successione di ambientazioni di dimensione contenute, viene regolata da un percorso rettilineo, che costituisce la spina dorsale della “campionaria”. Quest’ultimo, sfruttando la maggiore altezza del capannone in corrispondenza dei lucernari, si sviluppa su due livelli sovrapposti, incrementando la superficie espositiva disponibile e fornendo ai clienti la possibilità di ammirare gli arredi venduti da differenti punti di vista.


Stabiello (2008)